Il quadro normativo in materia di stabilità degli edifici storici tutelati è oggettivamente diventato sempre più confuso e contraddittorio sia per interpretazioni correnti che contrastano con gli obiettivi originari delle norme, sia per nuove norme aggiunte di recente. Ad oggi la Costituzione affida allo Stato la tutela dei Beni Culturali (non alle Regioni) e il Codice dei Beni Culturali affida in modo esclusivo al Ministero della Cultura tale compito in nome della necessità di un giudizio unitario, anche per quanto riguarda gli aspetti per la sicurezza statica e sismica, ma la prassi è completamente diversa. Ciò genera non solo incertezze sulle scelte tecniche, ma addirittura dubbi su chi abbia di fatto la competenza della tutela del patrimonio architettonico e sulle stesse modalità di controllo. Fare chiarezza è assolutamente necessario. Non si tratta di consentire per gli edifici tutelati livelli di sicurezza inferiori a quelli degli edifici normali, tutt’altro, il nostro Patrimonio deve essere al sicuro, ma si tratta di indicare percorsi e metodologie che permettano di adottare per edifici con caratteristiche uniche le soluzioni più opportune per il raggiungimento della massima sicurezza. Tali soluzioni possono non coincidere con quelle previste da norme definite sulla base di valutazioni statistiche su grandi numeri di edifici. La tutela di un bene storico architettonico in un paese sismico è comunque un difficile compromesso che deve essere valutato tenendo conto in modo unitario dei vari aspetti della conservazione: la stabilità e l’integrità. I punti di riferimento per un riordinamento delle norme devono essere: valutazione unica, possibilità di deroga, tecnici adeguati.