Con Sergio Foa ci siamo conosciuti da studenti, quando frequentavamo le aule del Politecnico di Milano all’inizio degli anni Settanta. Abbiamo frequentato assieme i corsi universitari e abbiamo sostenuto la laurea finale nella medesima sessione.
Un anno dopo, quando Sergio terminò il sevizio militare, ci siamo ritrovati un’altra volta a lavorare assieme alla BCV Progetti, lo studio di Giulio Ballio, Giovanni Colombo e Alberto Vintani dove io avevo iniziato a lavorare fin dalla settimana successiva alla laurea.
Passarono diversi anni, io aprii il mio studio professionale a Bergamo, e Sergio iniziò a girare il mondo per progettare e dirigere il montaggio di strutture metalliche, macchine, apparecchiature, impianti e di chissà quante altre opere.
Quel suo pellegrinare tra i diversi continenti come progettista, direttore dei lavori e collaudatore lo obbligava a confrontarsi con le necessità e le urgenze delle più varie commesse, utilizzando via via codici di calcolo diversi, dalle British Standard (BS) ai codici americani (UBC e AISC) da quelli latino-americani (messicani, argentini, cileni) a quelli australiani, giapponesi, russi e turchi.
E’ stato così che Sergio Foa in quegli anni prese dimestichezza con le più disparate normative del mondo e lo fece con la facilità e la consapevolezza che poteva venirgli solamente proprio da quella “scuola” in cui ci eravamo formati.

Io dico sempre che per la nostra generazione di ingegneri è stata una grande fortuna quella di poter frequentare, circa 50 anni fa, il corso di “Costruzioni Metalliche” tenuto da Giulio Ballio. Le sue lezioni partivano dalle norme CNR-UNI 10011, con le quali venivamo introdotti alla progettazione di queste strutture. Attraverso l’utilizzo di criteri semplificati e strumenti elementari, senza perdere di vista la validità delle scelte progettuali e la sicurezza delle strutture, sapeva con chiarezza descrivere per ogni formula risolutiva del problema strutturale, i parametri che dovevano essere messi in gioco, il significato che ognuno di essi veniva ad assumere ed in che modo dovessero venire rappresentati nella formulazione analitica.
La padronanza di schemi strutturali semplici costituiva la base per acquisire una giusta sensibilità costruttiva, fino a riconoscere con immediatezza la correttezza dei risultati. Ogni attento ingegnere sa infatti molto bene quanto sia determinante la semplicità del metodo di approccio ai problemi per minimizzare gli errori umani, errori che nessuna teoria sulla affidabilità strutturale potrà mai tenere in conto.

Ecco, è sulla base di questi principi, accresciuti delle conoscenze acquisite nella lunga esperienza professionale che Sergio Foa ha voluto raccogliere in un libro le sue esperienze, perché, come dice nella prefazione: “la pratica di apprendere ed imparare, soprattutto in campo tecnico, non finisce mai”.
E poi ancor meglio precisa:
“Il volume nasce dall’esigenza di fornire, attraverso una raccolta di esperienze maturate in poco meno di mezzo secolo di attività di progettazione, direzione lavori e collaudo, una raccolta di “indicazioni pratiche” volte all’acquisizione, per i tecnici neo laureati di una sensibilità verso i tanti numeri che dovranno “incolonnare” nella loro vita di progettisti, e ai non più giovani, ad intravvedere qualche spunto, magari interessante, per risolvere alcuni problemi specifici.
Senza la pretesa di fornire la soluzione ai tanti aspetti che quotidianamente investono chi opera nel mondo della progettazione strutturale in acciaio, ma con la consapevolezza che possa essere una guida a riconoscere, attraverso gli esempi riportati, un utile “modo di progettare l’acciaio”.


E’ un dato di fatto che gli attuali codici di calcolo e verifica, sia quelli di matrice europea come gli EC sia gli americani AISC, hanno assunto nel tempo un ruolo e una centralità eccessiva e persino prevaricante rispetto alla consapevolezza progettuale “con la negativa conseguenza di attenuare nell’utilizzatore di essi la consapevolezza di trovarsi a trattare questioni che ammettono risposte per la gran parte non rigorose ma fortemente convenzionali; con la difficoltà di discernere ciò che veramente conta (…) Ma - come afferma sempre Piero Pozzati in ‘Proliferazione delle normative e tecnicismo’ del 1992 - tra le varie conseguenze una delle più temibili è l’attenuazione del senso di responsabilità, mentre questa costituisce uno dei diritti fondamentali dell’uomo, violando il quale la vita si appiattisce e si rafforza il sistema tecnocratico in grado di diventare “il tiranno della società umana”.
C’è una sorta di visione profetica in questa frase di trent’anni fa, pensando a quanto appaia scontato nella pratica progettuale odierna affidarsi ad esempio a programmi di calcolo sofisticati senza la mediazione di alcuna ipotesi strutturale pensata e meditata. Con il risultato che assistiamo sempre di più a strumenti che sembrano fornire quasi in automatico le verifiche dei vari elementi strutturali, mentre il processo progettuale pare perdersi o comunque indebolirsi dentro una processo di reiterata ottimizzazione dei risultati, offrendoci così la presunzione che sia il programma a modellare la struttura, non la nostra concezione strutturale.

Sarà forse un imperativo tecnologico imposto dai nostri tempi, ma anche nel campo della ricerca ci troviamo spesso a ripercorrere le parole di Pozzati che, in quella sua ultima lezione ufficiale del 1992, diceva “La ricerca va intesa come rincorsa continua dell’intuizione con l’esperienza, tutto il contrario di quello che con grande dispendio di mezzi si fa oggigiorno, battendo a tappeto, con esperienze numeriche o strumentali, un certo campo che interessa, non proponendosi una precisa ipotesi di ricerca, ma confidando che il fatto anomalo o l’idea possono uscire allo scoperto, alla guisa di una selvaggina, non si sa quale, da stanare in una operazione venatoria.”

Il libro di Foa si colloca nella coerente continuità di questi pensieri, risalendo le tracce dei nostri maestri lungo quel percorso progettuale che passa attraverso l’inevitabile necessità di un pre-dimensionamento manuale, rivalutando il primato di quella analisi logica della struttura fatta di pochi numeri e di molti concetti, concepibile e descrivibile attraverso semplici dispositivi di formule riconoscibili.


La lettura del libro è agevolata e arricchita, nel settimo capitolo, da interessanti ed utilissimi abachi e dai grafici delle curve caratteristiche per la determinazione semplificata di spostamenti e deformazioni. Non si tratta di materiale ripreso da manuali o citato da testi tecnici, ma il preziosissimo frutto del suo lavoro “sul campo”.
Sono strumenti di progetto e di controllo basati su analisi dimensionali, verifiche e riscontri pratici di strutture in acciaio, effettuati durante le sue attività di progettista, di direttore lavori e di collaudatore. I progettisti, in particolare i più giovani, troveranno suggestivo riscontrare come in moltissimi casi di strutture in acciaio, a differenza di quelle in calcestruzzo o legno, il controllo degli spostamenti e delle deformazioni spesso modifica la scelta eseguita sulla base dalle verifiche di resistenza e di stabilità.

Affrontare un progetto significa analizzare e recepire i dati fondamentali che devono governare la progettazione strutturale. Partendo da questo, compito del progettista delle strutture sarà quello di dar forma controllare e gestire ogni parte del progetto avendo cura di non farsi travolgere dai software tutto fare, ma saperli utilizzare criticamente solo per ottenere il meglio dalla propria creativa progettazione.

Questi sono i principi progettuali che Sergio Foa insegna da anni nelle esercitazioni che tiene agli studenti di ingegneria del Politecnico di Milano. Sono lezioni che qualche anno fa ho voluto in parte pubblicare in una successione di articoli sulla rivista che dirigo, Structural Magazine. Ora, rielaborate e coordinate, hanno trovato la loro forma e unità in questo bel libro.

E’ un libro che riflette il racconto di una vita, una vita da ingegnere, di chi crede profondamente in ciò che fa, di chi nel suo lavoro usa rigore e intelligenza, di chi ama il proprio lavoro e di chi sa che il lavorare bene – il lavoro fatto bene - ha un valore assoluto, etico e carico di significati trasmissibili ed educativi. Perché, come scrive Primo Levi in ‘La chiave a stella’, “questa sconfinata regione del rusco, del boulot, del job, insomma del lavoro quotidiano, è meno nota dell’Antartide, e per un triste e misterioso fenomeno avviene che ne parlano di più e con più clamore, proprio coloro che l’hanno meno percorsa.”

Donatella Guzzoni

Il “Capitolo 1 - Evoluzione normativa”
analizza i vari codici nazionali, europei e americani che hanno governato la progettazione in sostanza per tutto il XX Secolo.
Nella convinzione che conoscere il passato serve a comprendere il presente, un riassunto del loro contenuto e soprattutto l’evoluzione che hanno avuto nel tempo quei codici, sicuramente più snelli e concisi degli attuali, è fondamentale per la comprensione spesso complessa dei presenti corpi normativi.

Il “Capitolo 2 – Progettare una struttura in acciaio”
pone l’accento e analizza le varie fasi di una progettazione in acciaio, dalle scelte strutturali connesse alle attività di prefabbricazione trasporto e montaggio, alle analisi dei carichi, all’individuazione dei criteri di dimensionamento preliminare e finale, alla necessità di eseguire elaborati di progetto completi atti a definire in modo univoco i dettagli costruttivi, elementi fondamentali per una corretta progettazione di un’opera in acciaio; per finire segnalando le molte responsabilità che al progettista, proprio in quanto tale sono accollate.

Il “Capitolo 3 – Il materiale acciaio”
riassume brevemente i principali acciai attualmente utilizzati per le costruzioni, e fornisce alcune indicazioni sull’utilizzo di prodotti particolari da impiegare nella progettazione di strutture in campo industriale.

Il “Capitolo 4 – Tipologie strutturali frequenti”
elenca le tipologie delle più frequenti strutture in acciaio, indicando peculiarità approcci e soluzioni tecniche dettate dalla pratica progettuale. Un capitolo è anche dedicato alle strutture in ambito industriale connesse con apparecchi in temperatura, e con l’indicazione di criteri da attuare nel calcolo.

Il “Capitolo 5 – Valutazione dei carichi”
analizza i carichi agenti sulle principali tipologie strutturali utili nella fase di dimensionamento preliminare, in particolare per quelle industriali, e relativi a pesi propri, permanenti, accidentali, nonché alla valutazione iniziale dei carichi di vento e sisma

Il “Capitolo 6 – Dimensionamento preliminare”
fornisce criteri per la selezione e verifica dei principali elementi strutturali nella fase di dimensionamento preliminare, con l’uso di formulazioni semplificate e approcci legati sia ai codici europei che americani

Il “Capitolo 7 – Controllo delle deformazioni”
oltre a richiamare i limiti imposti dai codici attuali fornisce, sempre nell’ottica della fase di pre-dimensionamento, criteri semplificati per una immediata e preliminare valutazione di azioni e deformazioni nei telai mono e multi piano a nodi spostabili, mediante abachi e curve caratteristiche; fornisce inoltre criteri semplificati e limiti per la determinazione degli spostamenti verticali di travi di piano e facenti parte di telai.

Il “Capitolo 8– Dettagli costruttivi”
individua e analizza le principali tipologie di giunti fra elementi strutturali, funzione degli schemi introdotti nel calcolo. Anche in questo caso un capitolo è legato ai dettagli fra strutture a temperatura ambiente e apparecchi in temperatura.

Recensione LIBRO FOA HOEPLI

GUIDA PRATICA DELLE COSTRUZIONI IN ACCIAIO

Donatella Guzzoni