Gennaio - Marzo / January - March 2024
en
Several innovative solutions for medium to long-span structures have been proposed during the last centuries. Before the advent of steel and concrete as well as in periods where these materials were not readily available, e.g. during the second world war, timber played a significant role in the realization of medium to long-span structures. The success of timber structures has been driven mainly by the technological development associated with different timber products, joints, and manufacturing. Even though many old structural solutions have been particularly ingenious, they have often been substituted by new ones, typically because of the advent of new manufacturing methods or, at times, due to new technological innovations. This study analyses the so-called HB system, which was developed in the 1940s as a flexible wooden frame solution for medium to long spans. The HB system is based on an I-shaped cross-section in which the web consists of two diagonal board layers and the flanges are assembled from boards by nailing and gluing. This study presents and discusses the main components of the system from the point of view of structural engineering and manufacturing technologies. As a practical application example, the structural system is explored in a renovation project of a HB portal frame from the 1950s. The main findings of the study are that (i) the HB system has certain features which would make it worthwhile modernising and re-using it more widely, and (ii) the HB system design principles lead to a safe and robust yet light and optimal structures.
Negli ultimi secoli sono state proposte diverse soluzioni innovative per strutture di media e grande luce. Prima dell'avvento dell'acciaio e del cemento, nonché nei periodi in cui questi materiali non erano facilmente disponibili - ad esempio durante la seconda guerra mondiale - il legno ebbe un ruolo significativo nella realizzazione di strutture di media e grande luce. L'evoluzione delle strutture in legno di grande luce è stata possibile grazie allo sviluppo tecnologico associato soprattutto ai materiali, alle connessioni e alla produzione.
Nonostante molte vecchie soluzioni strutturali fossero particolarmente ingegnose, esse sono state spesso rimpiazzate da nuove soluzioni, tipicamente a causa dell'avvento di metodi di produzione più razionali o di innovazioni tecnologiche. Questa memoria esamina il cosiddetto sistema HB, dal nome dell’inventore – l’ingegnere svedese Hilding Brosenius. Sviluppato negli anni '40 come soluzione versatile per strutture lignee idonee per luci medio-grandi, il sistema HB ha una sezione trasversale a forma di doppio T in cui l'anima è costituita da due strati semplicemente incrociati e sovrapposti di tavole mentre le ali sono tavole assemblate mediante chiodatura e incollaggio. La memoria presenta e discute i principali componenti strutturali del sistema dal punto di vista della meccanica strutturale, degli attuali requisiti di progettazione e delle tecnologie di produzione. Come esempio pratico di applicazione il sistema strutturale HB viene esaminato in un progetto di ristrutturazione di un portale HB degli anni '50. I principali risultati del presente studio sono: (i) il sistema HB presenta alcune caratteristiche peculiari da cui poter attingere ispirazione al fine di un possibile adeguamento dello stesso alle tecniche di produzione odierne e (ii) il sistema HB è sicuro e robusto ed allo stesso tempo ottimizzato e leggero, quindi efficace in termini di impatto climatico.
en
Many existing Reinforced Concrete (RC) and Prestressed Concrete (PC) bridges and viaducts built around the middle of the last century have now reached the end of service life and require maintenance interventions to repair degradation damage, especially due to steel corrosion. To correctly assess the restoration interventions and fulfil safety and durability requirements, it is necessary to evaluate the state of degradation of materials and structures. The conservation of these infrastructures represents an important challenge which may be overcome through the definition of suitable criteria, methods and procedures for the characterization of the state of conservation of materials and condition structural assessment of RC/PC structures. A strong impulse to this need is given by the BRIDGE|50 research project (Residual Structural Performance of a 50-Year-Old Bridge), conducted within the agreement established among Politecnico di Milano, Politecnico di Torino, and several public authorities and private companies (http://www.bridge50.org). This project provides a wide experimental campaign to be carried out on a group of structurl elements obtained from a viaduct dismantled in Turin in 2019 after about 50 years of lifetime. Two adjacent spans of the viaduct were preserved and deconstructed, including 29 precast PC deck beams and two PC pier caps. These structural members are currently stored in a testing area dedicated to full scale load tests as well as field investigations and to collection of samples for laboratory tests, activities that are aimed at evaluating the state of conservation and residual performance of the investigated 50-year-old structural elements. Based on these activities, a diagnostic procedure for corrosion assessment of PC beams is presented and validated in this paper.
Molti ponti e viadotti esistenti in calcestruzzo armato (c.a) e calcestruzzo armato precompresso (c.a.p), costruiti intorno alla metà del secolo scorso, sono ormai giunti a fine vita e necessitano di interventi di manutenzione per riparare i danni da degrado, soprattutto dovuti alla corrosione dell’acciaio d’armatura. Al fine di valutare correttamente gli interventi di manutenzione e riparazione e soddisfare i requisiti di sicurezza e durabilità, è necessario valutare lo stato di degrado dei materiali e delle strutture. La conservazione di queste opere infrastrutturali rappresenta un'importante sfida che richiede la definizione di idonei criteri, metodi e procedure per la caratterizzazione dello stato di degrado dei materiali e la valutazione delle condizioni strutturali dei ponti in c.a. e c.a.p. Per rispondere a queste esigenze è stato avviato il progetto di ricerca BRIDGE|50 (Residual Structural Performance of a 50-Year-Old Bridge), condotto nell’ambito di un accordo stipulato tra Politecnico di Milano, Politecnico di Torino e diversi enti pubblici e aziende private (http://www.bridge50.org). Questo progetto prevede un'ampia campagna sperimentale da svolgere su un gruppo di elementi strutturali recuperati in occasione della demolizione del viadotto di Corso Grosseto a Torino nel 2019 dopo circa 50 anni di vita. In particolare, da due campate adiacenti del viadotto sono state selezionate 29 travi prefabbricate in c.a.p. con soletta in c.a. e due pulvini in c.a.p. Questi elementi sono attualmente depositati in un campo prove dedicato sia a prove di carico sia ad indagini in campo e alla raccolta di campioni per prove di laboratorio, attività finalizzate alla valutazione delle prestazioni strutturali residue dopo 50 anni di vita di servizio di elementi in c.a. e c.a.p. Sulla base di queste attività, in questo articolo viene presentata e validata una procedura diagnostica per la valutazione dello stato di conservazione e della corrosione di travi in c.a.p.
en/it
One of the main challenges in the intricate history of Bergamo Cathedral was the construction of its dome. Until the 19th century, building intricate structures like domes and vaults was a very delicate process that relied on experience rather than advanced calculation tools. The debate on the construction of the cathedral's dome lasted for centuries, involving prominent figures and sparking heated discussions. Although the new cathedral's construction was mostly finished by 1697, the issue of the dome remained unresolved until the second half of the 19th century. After several drawings and consultations with various experts, architect Giuseppe Cusi was chosen in 1833 to design a wooden dome, which however soon showed signs of decay. In 1847, a new intervention became necessary, and finally, in 1853, architect Ferdinando Crivelli was commissioned to design a new masonry dome, completed in 1855.
The purpose of this article is to trace, using the main bibliographic sources, the stages of the debate that led, through errors and reconsiderations that reflect the rapid evolution of the theory of constructions, to the conclusion of one of the most significant architectural issues for the city of Bergamo.
Una delle questioni cruciali che ha caratterizzato la complessa storia architettonica della cattedrale di Bergamo è stata la sfida della costruzione della sua cupola. Fino al XIX secolo, infatti, la realizzazione di strutture complesse come cupole e volte rappresentava una fase particolarmente delicata nei cantieri, essendo basata sull'esperienza piuttosto che su strumenti di calcolo avanzati. La discussione sulla realizzazione cupola del duomo di Bergamo si protrasse per secoli, coinvolgendo personalità eminenti e suscitando accesi confronti. Sebbene la fabbrica della nuova cattedrale si fosse sostanzialmente conclusa nel 1697, il problema della cupola persisté irrisolto fino alla seconda metà del XIX secolo.
Dopo diverse proposte e consultazioni con vari esperti, solo nel 1833 fu scelto l'architetto Giuseppe Cusi per il progetto di una cupola in legno, che tuttavia mostrò rapidi segni di deperimento; nel 1847 si rese necessario un nuovo intervento e infine, nel 1853, l'architetto Ferdinando Crivelli fu incaricato di progettare una nuova cupola in muratura, completata nel 1855. Obiettivo di questo articolo è ripercorrere attraverso le principali fonti bibliografiche le tappe del dibattito che ha portato, attraverso errori e ripensamenti che riflettono il rapido evolversi della scienza e della tecnica delle costruzioni, alla conclusione di una vicenda architettonica tra le più significative per la città di Bergamo.
en
The built heritage of Peru has exceptional richness, diversity and magnitude. However, it is also affected by deterioration and abandonment, a situation enhanced seismically by its location in the Pacific Circle of Fire. In this perspective, the importance of the structure in the restoration of monuments appears clearly and within it, the role played by those responsible for researching, thinking and implementing the structural strategy of each work. This research contributes to historically assessing the role played by the civil engineer Jorge Marroquín Paiva (1975-2022). It has a mixed approach and an exploratory level. Techniques such as semi-structured interviews, documentary analysis and observation were applied. Among its results, it stands out that the participation of Engineer Jorge Marroquín helped to develop a more specialized approach to contemporary structural reinforcements that dialogue with traditional construction techniques, especially due to the challenge related to the high seismicity of the Peruvian territory.
Il patrimonio edilizio del Perù ha una ricchezza, diversità e grandezza eccezionali. Tuttavia, è anche affetto da deterioramento e abbandono, una situazione aggravata sismicamente dalla sua posizione nel Circolo di Fuoco del Pacifico. In questa prospettiva appare con chiarezza l’importanza della “struttura” nel restauro dei monumenti e, al suo interno, il ruolo svolto dai responsabili della ricerca, della progettazione e dell’attuazione della strategia strutturale di ogni opera. Questa ricerca desidera sottolineare (1975-2022) il ruolo svolto dall'ingegnere civile Jorge Marroquín Paiva. Sono state applicate tecniche di intervista semistrutturata, analisi documentale e osservazione dai cui risultati si conclude che l'ingegnere Jorge Marroquín ha contribuito a sviluppare un approccio specialistico ai rinforzi strutturali contemporanei, capaci di dialogare con le tecniche di costruzione tradizionali, soprattutto in relazione alla sfida che l'elevata sismicità del territorio peruviano richiedeva loro.
en
Dolomites are among the regions with the least autochthon seismic activity. Meanwhile, the orographic configuration of the region is such that seismic activity from nearby areas could occur with sufficient energy to activate a landslide. This aspect is widely reported in the literature. Two disasters are mentioned, that of Val di Stava in 1992, and that of Vajont in 1964. The human death toll is 285 and 2000 respectively in the two events.
The configuration consists of a long, almost vertical strip of bare rock, without vegetation. At a lower level, there is a patch, still steeply sloping, covered by woods. It will be mentioned as flora. This lower level acts to mitigate, and possibly to stop, landslides that may be directed towards populated villages.
The present paper analyses the role of the boundary conditions currently met in the valley: bare rock and flora provide compression stress in the vertical plane. Compression in the horizontal plane is likely to result on a thrust towards the valley. This condition and the visibly fractured rock can establish the likelihood of a landslide.
The dolomite material is of variable consistency. Fragile material increases the likelihood of a landslide, however it suggests limited block size within the landslide. The fragility of the material and the seismic activity of the surrounding areas, should be combined in an analysis of risk of landslides.
In the territory development plans, the building area is defined by considering a possible landslide, its size and the flora involved.
This investigation suggests further prudence about the territory development plans and the blocking of the ongoing deforestation. The Department of Civil Protection should be involved.
Limitatamente al secolo passato, due eventi calamitosi sono menzionati nelle Dolomiti: 1992, Val di Stava, e 1964, Vajont. Le perdite umane sono state 285 e oltre 2000, rispettivamente. Le Dolomiti sono tra le regioni con minore attività sismica autoctona. Tuttavia la configurazione orografica della regione è tale che l’attività sismica delle aree limitrofe può manifestarsi con sufficiente energia da attivare delle frane nella regione, come riferisce una apposita letteratura.
Le condizioni al contorno, frequentemente incontrate nella valle, rappresentano lunghi spazi di nuda roccia, privi di vegetazione, pressoché verticali. Sono soggetti ad una compressione nel piano verticale. Lo stato di compressione nel piano orizzontale, può tradursi in una spinta verso l’esterno, ovvero verso valle.
Lo spazio sottostante ai blocchi di nuda roccia, con inclinazione minore ma ancora prossima alla verticale, è chiamato “flora”. Può essere in grado di trattenere una eventuale frana. Il materiale “dolomite” ha una consistenza variabile. Un materiale fragile aumenta la probabilità di formazione di una frana. Peraltro, il blocco coinvolto risulta di dimensioni limitate e la flora può agire da “paracadute”.
Un approfondimento in materia di frane suggerisce una maggior prudenza sulla distanza tra territorio edificabile e zone soggette a frane. Suggerisce inoltre di arrestare quanto possibile la deforestazione in atto. Il Dipartimento della Protezione civile deve essere coinvolto, al pari dei Sindaci dei vari centri abitati.